La storia del Santa Maria della Pietà

Nel 1548 per opera della Confraternita di Santa Maria della Pietà viene realizzato l’Hospitale de’ poveri, forestieri et pazzi dell’Alma Città di Roma. Dalla piccola sede del monastero di Santa Caterina dei Funari viene trasferito nel 1550 in una casa a Piazza Colonna.

Benedetto XIII dispone nel 1725 il passaggio delle competenze amministrative e mediche della Confraternita al Commendatore della Confraternita del Santo Spirito, trasferendo la sede dell’ospedale in un edificio che Filippo Raguzzini realizzerà in Via della Lungara.

Dopo l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia, la gestione del Santa Maria della Pietà, situato in via della Lungara, viene affidata alla Provincia di Roma con il Regio Decreto del 1894 firmato dal Re Umberto I. La nuova Amministrazione provinciale, influenzata dalle spinte organicistiche della psichiatria tedesca, impone il modello di manicomio a padiglioni con una forte omologazione dei malati, preannunciando così la costruzione del moderno manicomio provinciale di Roma a S. Onofrio in Campagna presso Monte Mario.

Il concorso per la progettazione di una “Città della e per la pazzia” viene vinto nel 1907 dagli ingegneri Edgardo Negri e Silvio Chiera e dovrà rispondere “alle più moderne esigenze della igiene e della tecnica manicomiale”.
L’area di Sant’Onofrio in campagna, destinata ad ospitare il moderno Manicomio della Provincia di Roma, è localizzata a Monte Mario a 6 km dalla città accanto alla Via Trionfale e alla linea ferroviaria Roma-Viterbo; con una altitudine di 120 m sembra presentare le condizioni terapeutiche ottimali per accogliere i 1.000 posti letto previsti. Il 31 maggio 1914 Re Vittorio Emanuele III inaugurava la nuova sede del Manicomio della Provincia di Roma diretto da Augusto Giannelli.

padiglioni dislocati nel bellissimo parco erano riservati alle varie categorie di alienati: Osservazione, Infermeria, Tranquilli, Sudici, Semiagitati, Agitati, Prosciolti, Sorvegliati e presentano generalmente una analoga planimetria (un medesimo impianto): al primo piano la zona notte con un’ampia camerata con due file di letti, e un pian terreno che accoglieva la sorveglianza interna, una stanza dove far soggiornare i pazienti durante l’intera giornata, i refettori, i soggiorni e qualche dormitorio, per tenere di giorno tutti i malati riuniti, con la necessaria assistenza, nei locali e nei giardini cintati, annessi a ciascun padiglione.

Sempre al piano terreno sono sistemate le camere da bagno, le docce e tutto ciò che può formare il conforto dei ricoverati. In posizione periferica erano collocati gli Ospedaletti per i contagiosi e per i tubercolosi. Tutte le strutture sono progettate con l’intento di poter essere ingrandite a seconda del bisogno. Alla sinistra sorgono i padiglioni di degenza femminili e a destra, in posizione simmetrica, quelli maschili. In posizione centrale sono i Servizi generali: guardaroba, forno, pastificio e macello, e l’edificio per la produzione dell’energia elettrica; ed infine l’edificio necroscopico, situato in prossimità dell’ingresso secondario.

Nella Direzione, con la sua maestosa facciata, oltre agli uffici di direzione erano ospitati una farmacia e l’annesso laboratorio farmaceutico, una biblioteca, un laboratorio analisi. E poi ci sono la chiesa, la cucina, la lavanderia, l’alloggio per le suore, la camera mortuaria, due portinerie che smistano i visitatori ai padiglioni a destra e a sinistra, l’officina, la centrale elettrica. Il complesso manicomiale era circondato da una Colonia agricola, composta di 23 edifici tra cui una vaccheria ed una porcilaia, dove lavoreranno i “malatini”, i pazienti tranquilli che accedono all’ergoterapia. Tutto il complesso era chiuso da una recinzione metallica nascosta da una fitta siepe, le recinzioni in muratura erano utilizzate per i padiglioni destinati ai criminali ed ai soggetti in osservazione giudiziaria. Nel 1926 il complesso assume la denominazione di “Ospedale psichiatrico provinciale di Santa Maria della Pietà per le malattie mentali” con un moderno laboratorio di anatomo-patologia, una Stazione di Malarioterapia e una sezione della Clinica psichiatrica universitaria della Sapienza.

Nel 1936 con la realizzazione dell’ultimo padiglione la capienza di questo grande “villaggio manicomiale” raggiunge i 2602 posti letto e 3681 ricoverati l’anno. Qui nel 1938 Ugo Cerletti dà avvio alla pratica dell’elettroshock con l’auspicio di “abbandonare questo metodo aggressivo e violento per metodi meno drastici alla cui ricerca sto lavorando attivamente: sarò il primo a rallegrarmi quando l’elettroshock non verrà più applicato”.

Per la sua rilevanza nazionale l’Istituto ospiterà dal 1938 l’Ufficio statistico per le malattie mentali e nel 1946 accoglie l’Istituto Neurologico Provinciale per l’assistenza e cura del parkinsonismo encefalitico.

Con la direzione di Francesco Bonfiglio si potenzia l’attività scientifica: nasce nel 1947 la rivista “Il Lavoro neuropsichiatrico” e, per fronteggiare il sovraffollamento, viene aperto nel 1952 il primo Centro d’Igiene Mentale, un “dispensario neuropsichiatrico” nel centro della città da lui diretto e gestito con personale del manicomio.

Dal 1955 sotto la direzione di Umberto De Giacomo si sviluppa l’uso degli psicofarmaci cercando di creare un ambiente terapeutico meno restrittivo. Nel novembre del 1963 si celebra il cinquantenario del Santa Maria della Pietà presieduto dal Presidente della Repubblica On. Antonio Segni, il Ministro Mariotti e delegati della Santa Sede, che dona la copia della Pietà di Michelangelo attualmente esposta nel Padiglione 26.

Dal 1967 con Gerlando Lo Cascio si avvia una riorganizzazione dell’attività assistenziale che guarda con interesse ai nuovi percorsi deistituzionalizzanti avviati da Franco Basaglia. La nuova organizzazione prevede una continuità terapeutica tra ospedale e servizi del territorio. Nel 1968 la Legge 431 (la cosiddetta Legge Mariotti) introducendo il ricovero volontario da parte del paziente abolisce l’obbligo dell’annotazione sul casellario giudiziario. Le nuove condizioni sociali maturate dalla metà degli anni ’60 che rivendicavano protagonismo e soggettività anche nel diritto alla salute porteranno il 13 maggio 1978 all’approvazione della Legge 180, che vieta nuovi ricoveri negli ospedali psichiatrici, poi inclusa nella Legge 833 che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale con la consapevolezza che “La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana”.

Alla fine del 1978, anno di promulgazione della Legge n.180 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori) nell’Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà erano ancora presenti 1076 ricoverati. Nel 1981 i ricoverati scendono a 898. Dal 1982 al 1990 la popolazione si riduce di 456 unità delle quali 306 sono i decessi e 150 le dimissioni. Sono anni molto difficili. A partire dall’inizio degli anni ’90 il processo di superamento assume un’inversione di tendenza tra il numero dei decessi ed il numero dei dimessi. Infatti dal 1991 al 1995 si ha una netta riduzione della popolazione ricoverata che passa da 433 a 206 unità con 117 dimissioni.

Alla fine del 1999 l’ospedale viene definitivamente chiuso: “Chiudere il manicomio di Roma, anche se con imperdonabile ritardo, fu la conferma che queste persone che avevano condotto un’esistenza mortificata, nonostante la loro malattia, potevano tornare a vivere nella città di tutti”.